Nicolò Govoni: il suo ‘Altrove’ si fa romanzo

Pubblicato da Still I Rise - Edizioni, il primo marchio editoriale in Italia co-gestito da un’organizzazione umanitaria internazionale e operativa in ambito educativo. Il ricavato della vendita sarà devoluto al sostegno dei progetti educativi dell’organizzazione
17 Novembre 2023

di Angela Iantosca

Nicolò Govoni è tornato in tour in Italia con cinque appuntamenti a Rimini, Cremona, Milano, Aosta e Bologna. Nel corso degli incontri, l’ultimo in programma sabato 18 novembre, il CEO di Still I Rise ha svelato i risultati del rivoluzionario Metodo Educativo applicato nelle scuole dell’organizzazione e il modo in cui può rappresentare un cambiamento concreto per tutto il mondo. Il tour è anche l’occasione per presentare il nuovo libro “Altrove”, in vendita dal 24 novembre. Il libro è pubblicato sotto Still I Rise – Edizioni, il primo marchio editoriale in Italia co-gestito da un’organizzazione umanitaria internazionale e operativa in ambito educativo. Il ricavato della vendita sarà devoluto al sostegno dei progetti educativi dell’organizzazione.

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Cominciamo dal libro, cosa vuoi raccontare?

“Altrove” è un thriller: parla di drammi familiari, di dinamiche sociali, esclusione, inclusione e discriminazione. L’idea nasce da una storia inespressa, che è quella di Cremona nelle sue tante sfaccettature. Con questo libro affronto una città che per me significa tantissimo, ma che ho impiegato dieci anni ad accettare. L’evento scatenante del romanzo incrina l’involucro di Cremona, e aiuta a vedere quello che si nasconde sotto. Una cittadina che vuole presentarsi come pigra e noiosa, ma che in realtà è tutt’altro. “Altrove”, però, non è solo questo: è il simbolo di una svolta a lungo attesa, ovvero la creazione del marchio editoriale di Still I Rise. In tanti l’hanno definita una pazzia, ma erano anni che sognavamo di dare a Still I Rise una dimensione editoriale. I motivi sono due. Da una parte, c’è una prossimità tra la nostra attività e la lettura: facciamo scuola, e una scuola ha tra i suoi elementi principali il libro. Dall’altra, Still I Rise ha sempre avuto una connotazione di vicinanza ai lettori e alla lettura, perché è nata da uno scrittore: i primi sostenitori sono arrivati a Still I Rise perché avevano letto i miei libri. Questo passo va a consacrare quella che è sempre stata la nostra vocazione letteraria”.

L’importanza dell’educazione: in molti lo sanno sul piano della teoria, ma c’è qualcosa che rende difficile la sua applicazione. Che fare?

“L’educazione è fondamentale nel modo in cui vediamo e interagiamo con l’altro. La scuola è il luogo dove si formano aspirazioni, sogni, ma anche una visione del mondo, e dei mondi, che accompagnerà gli studenti negli anni a venire. Se la scuola non si prende cura dei suoi ragazzi e delle sue ragazze, è destinata a fallire. I dati dicono che la scuola italiana è una delle peggiori nell’Unione europea. Basti pensare che uno studente su sette non arriva al diploma e il livello di soddisfazione è inferiore al 50%. Quanto ai docenti, il 75% non ha frequentato corsi di formazione. Per riformare il sistema scolastico in Italia dobbiamo rimettere lo studente al centro: è necessario costruire un modello educativo in cui la sua felicità venga prima di tutto, e in cui l’insegnamento sia passione e creatività, non una penitenza.

Cosa possiamo fare noi ogni giorno, come cittadini?

“Dobbiamo rivendicare il nostro potere di cittadini ed esseri umani. Questo riguarda ogni aspetto della vita sociale di ognuno di noi, dalla scuola alla convivenza con “l’altro”. È diritto di ogni cittadino esigere che uno Stato metta a disposizione della collettività risorse adeguate, ed è suo dovere battersi per costruire un mondo più giusto, dove le opportunità non siano diritto esclusivo di una minoranza. Ognuno di noi può e deve chiedersi cosa può fare, giorno dopo giorno, per contribuire attivamente al cambiamento che vuole vedere nel mondo, e non attendere passivamente che si concretizzi”.

Cosa ti ha spinto ad occuparti dell’altrove?

“L’interesse per l’altrove è qualcosa che porto dentro di me da tempo, e che è cresciuta e si è evoluta nel corso degli anni, assumendo forme diverse e cambiandomi profondamente. È quello che mi ha spinto, all’età di vent’anni, a intraprendere un’esperienza di volontariato in India e successivamente a Samos, in Grecia. Ed è quello che mi ha portato a fondare una organizzazione che opera, in primis, altrove. La volontà di conoscere da vicino realtà lontane dalla nostra, per capirle e sostenerle nel cambiamento, è alla base di quello che sono oggi, e di quello che è Still I Rise”. 

La mano che dà non torna mai vuota”: mi racconti quanto si arricchisce ogni volta la tua vita?

“Quando ho deciso di dedicare la mia esistenza agli altri, tutti mi dicevano che sarebbe stata una vita di privazioni. Oggi mi sento la persona più ricca del mondo. I bambini che ho incontrato lungo il percorso mi hanno mostrato chi sono e chi voglio diventare. Mi hanno fatto capire che voglio utilizzare il mio privilegio di ragazzo bianco e occidentale per prendermi cura di loro. A loro non interessa come ti vesti o come appari. Ti accettano per quello che sei e di te vedono solo la parte migliore. Succede così che anche tu finisci per credergli, e cercando di essere alla loro altezza diventi la migliore versione possibile di te”.

    Cosa ti aspetti da questo tour?

    “Questo tour ci dà la possibilità di parlare di educazione, e di farlo sotto una lente innovativa rispetto a quello che è il contesto italiano. Nel corso degli incontri, illustrerò i risultati del rivoluzionario Metodo Educativo applicato nelle scuole di Still I Rise, spiegando il modo in cui può rappresentare un cambiamento concreto per l’Italia e per il mondo intero. Spero che chi prenderà agli incontri tornerà a casa con nuove speranze, consapevole che un futuro diverso è possibile se abbiamo il coraggio di sostenere e contribuire al cambiamento”.

      I bambini sono le prime vittime della disuguaglianza e delle guerre: quello che sta accadendo è un orrore. Eppure l’indignazione non è proporzionata. Hai visto un cambiamento, rispetto alla sensibilità su certi argomenti, nel dopo pandemia?

      “Ho visto un cambiamento in negativo. Durante la pandemia, in tanti si auguravano che questo grande evento mondiale potesse avere risvolti positivi e che, accomunandoci tutti, portasse a vederci come parte di una sola cosa, anziché in competizione gli uni con gli altri. Erano pie illusioni. Il Covid ha lasciato ferite aperte, e ci vorranno anni perché si cicatrizzino. C’è un’angoscia generalizzata che fa sì che, quando scoppiano notizie traumatiche come in Ucraina o a Gaza, le persone reagiscano in maniera ancora più scomposta rispetto a prima. Il Covid ci ha abituati a esprimerci su tutto, in particolare attraverso i social, senza alcun tipo di reticenza. Rispondiamo con una parzialità terribile su quello che accade, come se fosse una partita di calcio. E questo è molto pericoloso, perché rende tutto un’occasione di intrattenimento, utile ad ammazzare quella noia fondamentale che ci pervade. Vedo un’umanità pronta a mordere, ad accogliere il prossimo cataclisma per potersi sfogare ed esprimere la propria indignazione. Vedo tantissima rabbia e frustrazione. Serve uno sforzo culturale di massa che possa ispirare speranza e fiducia, un senso di comunità che è andato completamente perso”.

      GUIDO HARARI L1060050

        Foto di Guido Harrari

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