Se non lo cerchi, lo trovi.

Il nuovo libro di Paolo Scquizzato: una introduzione alla Meditazione silenziosa
22 Maggio 2023

Di Angela Iantosca

Fare esperienza del deserto.

È una frase che ho compreso pienamente qualche mese fa quando sono stata nel mio primo deserto. Quello della Giordania, il Wadi Rum. Ho incontrato le sue albe e i suoi tramonti, ho conosciuto il tempo del cammello, il suo passo lento, mi sono lasciata cullare da quell’ondeggiare e poi dai colori che solo la sabbia e la roccia ti sanno restituire. Ho incontrato le stelle, il buio della notte, quel silenzio che ti avvolge oltre ogni immaginazione. Ho sentito l’abbraccio dell’infinito. E in questa immersione nell’Assoluto ho ricordato chi ero. Ho sentito la mia anima emergere, ho sentito il suo respiro. Ho sentito che non avevo bisogno di niente. Che lì ero proprio io semplicemente perché “stavo” nel silenzio, nella pienezza, nella contemplazione, nell’assenza, nel vuoto che è uno spazio in cui si è se stessi.

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Deserto del Wadi Rum

Qualche giorno fa ho ritrovato la profondità di quel sentire nelle pagine di un libro incontrato al Salone del Libro di Torino, “Se non lo cerchi, lo trovi. Introduzione alla meditazione silenziosa” (Edizioni Paoline). E soprattutto nelle parole del suo autore Paolo Scquizzato che negli anni ha pubblicato molti testi di spiritualità, oltre a condurre gruppi di meditazione silenziosa e ad aver fondato l’associazione Scuola Diffusa del Silenzio.

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“Nella religione c’è talmente tanta confusione da nascondere l’essenziale. La fiamma – ha esordito -. La religione veramente mi è parsa sempre come un nascondere l’essenziale attraverso le parole, i riti, i documenti, le definizioni, una teologia che cerca di dogmatizzare e che pensa di possedere una verità. Allora ho cercato e cercavo e poi, grazie a degli amici, ho scoperto la meditazione di un personaggio che si chiama John Main, monaco benedettino morto da anni, che ha portato dall’Oriente all’Occidente la meditazione silenziosa. Allora ho messo insieme le mie esigenze e questa nuova conoscenza e la necessità di una sana spiritualità e ho trovato la strada che per me è diventata una necessità. Da allora pratico tutte le mattine e le sere la meditazione silenziosa. E quando posso ne parlo e ne scrivo”.

“Meditare è custodire”, scrive nella prefazione del libro. “Meditando torniamo a casa, esperiamo la nostra natura più profonda, la pasta di cui siamo fatti, al di là del nostro piccolo ego e dell’io psicologico”.

Per Squizzato, dunque, meditare è pregare. “Per me la meditazione è la preghiera che fa a meno di preghiere – ha spiegato al Salone del Libro -. Di un Dio. Perché la preghiera per me non è anzitutto rivolgersi ad una divinità esterna, non è invocazione di un aiuto. Non è invocare il Grande Genitore, meditare è togliersi da un certo infantilismo spirituale. Da questa idea che siamo colpevoli. Ecco perché la meditazione è silenziosa, perché si tacitano tutti quegli aspetti da cui speri qualcosa, da cui invochi qualcosa. Nel momento in cui scompaiono le immagini, i desideri, le aspettative e fai esperienza della natura tua profonda che è il divino stai meditando. Quindi meditare ti fa esperire il divino. Non te lo fa invocare. Meditare significa stare, facendo silenzio, facendo esperienza di ciò che siamo davvero: spirito, energia vitale, divino…”.

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Ma come ci si avvia a questa pratica? 

“La meditazione è una esperienza di trascendenza. Parola che non ha a che fare con il divino. Trascendenza è sporgersi sull’ulteriore: una definizione che trovo bellissima. 

La meditazione è il momento in cui puoi fare esperienza della tua vera essenza. 

Per questo anni fa ho cominciato a guardarmi ad Oriente. All’Estremo Oriente. Che per me oggi è irrinunciabile. Non sarei il prete che sono se non mi fossi fatto fecondare dall’induismo, il buddhismo, il taoismo: da queste tradizioni sto imparando che la salvezza non è essere salvato da un Dio sopra le nubi. Ma percepire, avere l’intuizione, la consapevolezza della nostra vera essenza. Il più grande peccato che potrebbe capitarci è confondere la nostra essenza con la carta d’identità. Noi non siamo ciò che siamo sulla carta d’identità. E la meditazione è il momento in cui cogliamo la tua matrice. La vera natura. È la vera natura è energia vitale. Quindi meditare significa permettersi di stare nella nostra vera origine. È come quando l’onda del mare che prende coscienza di essere oceano. Perché solo nel vuoto si fa esperienza del tutto”. 

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Salone del Libro di Torino 2023

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