“Se il pianeta non funziona più, l’essere umano sparirà dalla faccia della Terra. Per questo non riesco a immaginare un problema più grande, per l’umanità, dei cambiamenti climatici. Ed è per questo che mi sto impegnando”.
Se anche voi seguite Alessandro Gassmann su Twitter, non vi sarete sottratti al fascino delle sue riflessioni oltre che al suo saluto serale a noi terrestri. Ma se andate oltre i social – e se siete nostri lettori sono certa che lo facciate già – non vi sarete persi neanche i numerosi interventi televisivi sul tema dell’ambiente e, last but not least, i suoi preziosi articoli sul Venerdì di Repubblica che, da pochi mesi, sono diventati i protagonisti di un libro, “Io e i #Green Heroes – Perché ho deciso di pensare verde” edito da Piemme, nel quale si trovano le storie di quell’Italia che dimostra, con le scelte quotidiane, di avere a cuore la propria esistenza e quella del pianeta. Storie raccontate con un “linguaggio che sia altrettanto appetibile e comprensibile dei messaggi di distrazione di massa, perché nella comunicazione le argomentazioni devono essere a forte impatto, semplici e popolari. Semplificando il messaggio, si raggiunge una platea più vasta”.
Quale l’obiettivo? Naturalmente “far capire che passare all’economia verde è più vantaggioso per le nostre tasche perché fa aumentare i guadagni. E far comprendere che la vera questione è che abbiamo solo questo pianeta a disposizione, non ce n’è uno “b” di riserva. L’obiettivo si raggiunge spiegando che è vantaggioso. Per cui il messaggio da lanciare è che la green economy conviene. Noi, poi, sappiamo che è anche necessaria”. Una green economy che deve partire prima di tutto da noi, dal nostro cambiamento, anche dal mantenimento della pulizia per le strade delle nostre città.
“Il vicolo dove abito nel meraviglioso centro storico di Roma è perennemente disseminato di bicchieri, cartacce, cicche buttate per terra: è l’usanza locale. Io non sono così, a me dà fastidio vivere nello sporco, per cui, senza fare la morale a nessuno, prendo la scopa e il raccoglitore, esco di casa e pulisco. E così sono felice di vivere in uno stupendo vicolo del Cinquecento pulito. A Roma il servizio di nettezza urbana è carissimo ma, per usare un eufemismo, la pulizia della città lascia a desiderare. La mia domanda è: fino a che il servizio non sarà all’altezza, è sufficiente protestare, sia pur giustamente, e lasciare la città sporca, o non sarebbe più piacevole vivere in strade non invase da plastica e cartacce? Il mio è un richiamo all’educazione civica, a non buttare i rifiuti per strada. In Italia è come se la cosa pubblica non appartenesse a nessuno”.
Forse perché in famiglia non sono concetti che vengono spiegati, come quelli che riguardano la memoria e i diritti di cui si parlava spesso a casa di Alessandro: “Mia nonna era ebrea e durante il ventennio fascista, per evitare ritorsioni, è stata costretta a cambiare il cognome, a “italianizzarlo” come si diceva all’epoca. Come ebreo in parte, vivo malissimo il ritorno del razzismo, e penso che vada mantenuta la memoria che questo può portare solo a qualcosa di orribile, come è già avvenuto e come è molto meno difficile di quanto si pensi che possa accadere di nuovo. La democrazia è difficile da raggiungere, è molto più facile perderla. A mio parere nel nostro continente e nel nostro Paese ce ne siamo già un po’ allontanati. Bisogna invertire la rotta e tornare a parlare dei diritti di tutti”.
Per la scelta delle storie da raccontare il venerdì (lo stesso giorno scelto da Greta Thumberg per sollecitare i giovani di tutto il mondo a scendere in piazza) Alessandro Gassmann si è affidato ad Annalisa Corrado e Gianni Silvestrini di Kyoto Club, un’organizzazione che da sempre si occupa in maniera scientifica di green economy ed ecologia.
“Io mi considero solo un megafono, un personaggio pubblico che presta la sua popolarità a una causa in cui crede profondamente, e che da questa esperienza sta imparando molto: i green heroes sono delle meravigliose scoperte anche per me” e uno stimolo a non mollare, per sé e per suo figlio. “Io ho appena compiuto 54 anni, quindi la minaccia climatica dovrei averla sfangata. Mio figlio Leo, invece, che ha vent’anni, e soprattutto i suoi eventuali figli, se le cose dovessero procedere come vanno ora, erediteranno un pianeta molto meno ospitale e meno bello del nostro. Una responsabilità, questa, che pesa sia sulle generazioni precedenti che sulla nostra. Per questo, oltre che come uomo semi-primitivo che per spostarsi e scaldarsi usava benzina e gas metano, vorrei essere ricordato anche come uno che ha provato a lasciare un ricordo migliore di sé. Leo è molto sensibile a queste tematiche: è vegetariano. Evidentemente parlarne in famiglia è servito. Per questo ai genitori consiglio di trasmettere questa sensibilità ai figli: può contribuire a costruire un futuro migliore”.