Era nella terra in cui è nato il suo destino. La Puglia, regione ricca di ulivi millenari e di una lunga tradizione di oli. Era già nella terra in cui è nato il desiderio di capire, studiare, comprendere e scegliere il migliore prodotto possibile. Per questo Nicola Di Noia è diventato agronomo e poi è voluto entrare sempre più nei meccanismi sottesi alla produzione dell’olio, arrivando a ricoprire il ruolo di Direttore di Unaprol, oltre che di Amministratore delegato di EvooSchool. Ma andiamo per gradi.
“Sono stato sempre attento agli alimenti che mangiavo, avendo studiato i processi produttivi, mi sono sempre posto la domanda sul dove acquistare l’olio buono. Spesso, nelle zone in cui viene prodotto, l’acquisto viene fatto affidandosi a parenti, amici, conoscenti o al frantoio più vicino casa. Ed io avevo voglia di capire se l’acquisto che stavamo facendo in famiglia era un acquisto giusto”.
E quale è stata la risposta?
“La risposta è una sola: bisogna imparare semplicemente a riconoscere la qualità e poi si acquista solo quella. È un processo irreversibile. Una volta imparato a riconoscere un olio di qualità non si riesce più a consumare un olio degradato. Del resto è facile, basta seguire una degustazione guidata con un professionista e poi approfondire se scatta la passione. Bisogna affidarsi all’etichettatura ma anche e soprattutto ai propri sensi: olfatto e gusto. L’olio, come qualsiasi altro alimento, richiede un’etichettatura che permetta al consumatore di individuare l’origine delle olive da cui è stato ricavato e di tutta la filiera, i produttori pertanto devono assumersi la responsabilità in termini di tracciabilità e provenienza della materia prima. Il consumatore da canto suo non può acquistare solo in relazione al parametro del prezzo. Oli che costano poco valgono poco in termini organolettici e nutrizionali”.
Quale è lo stato di salute del settore?
“Il settore è in difficoltà nel senso che il mercato, al momento, non sempre premia gli imprenditori olivicoli ed i frantoiani. A differenza di altri settori spesso non c’è l’adeguata redditività. Soprattutto perché il mercato non ricompensa correttamente la qualità. Chi fa qualità ha dei costi inevitabilmente superiori e non riesce ad avere la giusta redditività. Purtroppo, siamo di fronte a un doppio problema: il mancato reddito degli olivicoltori italiani ed il rischio concreto dell’abbandono degli oliveti, con danni incalcolabili per l’ambiente ed il nostro paesaggio. Ci auguriamo che un aiuto possa arrivare anche dalle nuove norme sull’oleoturismo che prevedono un sistema premiante per le aziende che associano alla produzione dell’olio una capacità ricettiva: questo connubio potrebbe diventare uno strumento che va a integrare il reddito, cosa fondamentale in questo contesto così complicato”.
Come si può ridare forza alla filiera?
“Un modo per ridare forza a questa filiera è, per esempio, sostenere gli olivicoltori con finanziamenti volti ad aumentare la produzione e la sua qualità ma anche contemporaneamente a diffondere una maggiore consapevolezza tra i consumatori. Altrimenti tutti gli sforzi degli imprenditori saranno inutili. Noi attraverso le iniziative che organizzano Unaprol ed Evooschool stiamo facendo proprio questo: diffondere maggiore cultura e consapevolezza tra i consumatori e tra gli addetti al settore, dobbiamo continuare ad insegnare alle persone come si distingue un olio di qualità da uno di bassa. L’olio extra vergine è uno dei pilastri della dieta mediterranea, però spesso è un alimento che non conosciamo adeguatamente, motivo per cui non siamo disposti a sostenerne il prezzo. Che, per la verità, non è sempre inaccessibile. È un po’ come per il vino: abbiamo dei vini molto buoni anche a prezzi accessibili. L’olio EVO, incredibilmente, pur essendo un prodotto che ha una importanza strategica dal punto di vista nutrizionale, non è adeguatamente conosciuto e questo mette in difficoltà i produttori che, non avendo un mercato ben definito, arretrano o non investono in qualità e in tecnologie. Gli aiuti che stanno arrivando in questo frangente sono determinanti perché andranno a sostenere quegli imprenditori che avranno voglia di investire anche in qualità del prodotto”.
Come si fa a raggiungere questo obiettivo?
“Per fare questo è importante la formazione, da qui il ruolo di EvooSchool. Un consumatore evoluto inevitabilmente orienta le sue scelte verso oli di qualità, ma se non creiamo consapevolezza, l’olio sembrerà tutto uguale. Formare i consumatori è una nostra mission centrale, un consumatore maturo dà olio buono ai propri familiari, agli anziani, ai bambini che trarranno giovamento, anche in termini di salute, da un prodotto ricco di sostanze polifenoliche e antiossidanti. Gli altri oli di scarsa qualità hanno perso o non hanno mai avuto il patrimonio nutrizionale positivo. Quindi applaudiamo i nuovi aiuti che devono essere spesi bene, devono finire nelle mani dei veri imprenditori che devono rendere accoglienti e trasformare i frantoi in strutture moderne nell’ottica della tecnologia, della bellezza, e dell’accoglienza. La stessa cosa vale per gli olivicoltori: dobbiamo investire in nuovi impianti o rimettere in produzione oliveti abbandonati. È necessario aumentare la produzione in Italia, ma lo dobbiamo fare puntando a una produzione di qualità che dobbiamo essere in grado di raccontare e vendere, nel pieno rispetto della nostra biodiversità varietale”.
C’è un altro aspetto che sono i contratti di filiera: di cosa si tratta?
“I contratti di filiera sono stati approvati di recente dal Ministero e riguarderanno l’olio e le olive da tavola, perché anche queste ultime si differenziano tra quelle di qualità e di bassa qualità. I contratti di filiera premiano gli imprenditori che si mettono insieme e che, dal campo alla trasformazione e al confezionamento, cercano di fare investimenti per portare al consumatore olio e olive tracciate, di qualità, 100% italiane. Il Ministero, dunque, aiuta contribuendo nell’investimento e invitando a fare sistema. In questo l’Unaprol e le OP (Organizzazione di Produttori) nostre socie cercheranno in tutti i modi da fare da catalizzatore e promotori di aggregazione, cosa molto importante in un contesto nazionale così frastagliato. Mettere insieme più produttori crea le condizioni migliori per un mercato complesso e di fatto mondiale”.
La guerra ora e la pandemia prima cosa hanno dimostrato?
“Che l’Italia ha bisogno di scommettere e sostenere le nostre filiere alimentari! Non possiamo dare per scontato che tutto arrivi da fuori a prezzi bassi. Bisogna fare investimenti e sostenere gli imprenditori, comprando oli italiani”.
Cosa bisognerebbe fare a livello di vendita?
“Dare dignità all’olio extravergine di oliva! Non possiamo vedere continuamente l’olio evo venduto a prezzi bassi, non può continuare ad essere il prodotto civetta. Il vero affare (soprattutto per la salute) è comprare oli di qualità al giusto prezzo, al giusto valore. Pertanto, vorremmo sostenere quei luoghi in cui è possibile trovare oli buoni, dove è possibile assaggiare prima di comprare e avere così certezza che l’olio sia buono. L’acquisto al supermercato non è sbagliato in assoluto, ma attenzione: dedichiamo il giusto tempo nella scelta dell’olio, leggiamo bene l’etichetta, capiamo la provenienza delle olive e degli oli, premiamo quei supermercati che riescono ad offrirci delle selezioni di oli di qualità, prediligendo oli extravergini di filiera dove è ben visibile l’indicazione del 100% italiano o DOP (Denominazione Origine Protetta) ed IGP (Indicazione Geografica Protetta)”.
Cosa bisogna osservare, a livello olfattivo e gustativo, per capire se un olio è buono?
“All’esame olfattivo l’olio deve lasciare una sensazione di freschezza di vegetalità: profumi di erba tagliata, pomodoro, etc ed all’esame gustativo deve risultare un po’ amaro e piccante: due elementi positivi che ricordano l’oliva appena staccata dall’albero. In ogni caso, riconoscere all’assaggio la qualità anche se non si è professionisti è possibile: è ciò che insegniamo nei nostri eventi e nei nostri seminari divulgativi. Dove spieghiamo anche le differenze tra olio extravergine, olio vergine, olio di oliva, olio di sansa, olio di semi, in modo che il consumatore possa fare una scelta consapevole. Se volete diventare assaggiatori come me, si devono seguire dei corsi che in Italia sono normati da un Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, che devono essere svolti in strutture e con docenti qualificati ed essere preventivamente riconosciuti dalla Regione di competenza. Quindi per prima cosa si segue un corso cosiddetto corso per assaggiatori con rilascio dell’attestato di Idoneità Fisiologica all’Assaggio: dura 35 ore e prevede attività teoriche e pratiche. L’obiettivo è capire se la persona è fisiologicamente in grado di riconoscere eventuali difetti e la loro intensità. Il secondo livello prevede 20 sedute di assaggio certificate da un Capo Panel, durante le quali l’assaggiatore matura esperienza ed acquista consapevolezza del suo ruolo. Al termine di questo percorso è possibile iscriversi all’Elenco Nazionale dei Tecnici Esperti Assaggiatori di Oli di Oliva Vergini ed Extravergini”. Ovviamente noi presso Evooschool organizziamo questi corsi per professionisti ma anche dei corsi “basic” per principianti”.
Come accade con il vino, così anche l’olio cambia a seconda del cibo con il quale lo devo usare. Qualche consiglio di abbinamento?
“Possiamo usare olio amaro sulla carne al sangue, che ha una tendenza dolce, o sui legumi. Un piatto tipico pugliese è il purè di fave, a cui viene accostata la cicoria, amara, proprio perché compensa la dolcezza del piatto, ottimo abbinamento è l’utilizzo di olio di “Coratina” particolarmente amara. Nella zuppa di legumi di solito mettiamo il peperoncino… ecco, l’amaro e il piccante dell’olio possono servire a questo, sostituire alcuni ingredienti non sempre tollerati. Nello stesso tempo danno salute e aromaticità e l’abbinamento con il cibo giusto limita la percezione dell’amaro e del piccante Ma uno degli aspetti fondamentali nell’impiego dell’olio è quello nutrizionale e salutistico. Questo deve essere il nostro primo criterio di scelta”.
A differenza del vino, l’olio non migliora invecchiando.
“L’olio cambia nel tempo, perdendo progressivamente le proprie peculiarità e finendo irrimediabilmente per irrancidire. Quanto tempo possa durare dipende dalla sua dotazione iniziale in antiossidanti (se è ricco di profumi ed è amaro e piccante certamente ha una maggiore capacità di durate nel tempo se conservato correttamente) e dalle condizioni di conservazione. Questo perché l’olio ha tre nemici: l’ossigeno, il calore e la luce. Quindi in casa dobbiamo gestirlo bene: lontano dalle fonti di calore e di luce, evitare bottiglie trasparenti ed evitare eccessivi travasi. Ogni volta che lo travasiamo lo ossidiamo”.
Come il territorio incide sul diverso sapore e odore dell’olio?
“L’Italia è incredibilmente unica per la sua biodiversità e per i suoi territori. Questo vale per il vino, ma anche per l’olio. Ogni territorio del nostro Paese possiede un patrimonio ricco e diversificato di cultivar (varietà di piante di olivo – ndr), che si adattano a contesti pedoclimatici estremamente vari. Così, ad esempio, una cultivar Bosana sarda è diversa da una Coratina pugliese, una Casaliva lombarda è diversa da un Moraiolo umbro e ciascuna di esse esprime sentori, profumi e intensità peculiari. In Italia ce ne sono addirittura 500”.
NICOLA DI NOIA
Nato a Taranto nel 1973, laureato nella Facoltà di Agraria di Bari, Nicola di Noia ha maturato la propria esperienza presso la Confederazione Nazionale Coldiretti in qualità di responsabile nazionale del settore olio di oliva e come direttore del Centro di assistenza agricola Coldiretti. Assaggiatore professionista di olio Evo e Capo Panel COI (Consiglio oleicolo internazionale), fa parte del gruppo di lavoro “Olio d’oliva e olive da tavola” del Copa-Cogeca di Bruxelles e partecipa al Comitato consultivo per l’olio d’oliva e delle Olive da Tavola del Coi. Amministratore Delegato della Fondazione EvooSchool Italia, è Direttore Generale di Unaprol.