“La pace ha tante dimensioni”: l’intervista di Daniel Lumera per Vivere Naturale

Gentilezza, scienza, formazione e valori condivisi per una nuova educazione alla consapevolezza
11 Marzo 2022

Siamo molto felici di aver intervistato Daniel Lumera, biologo naturalista, docente e riferimento internazionale nell’area delle scienze del benessere, della qualità della vita e nella pratica della meditazione.

Ideatore del Metodo My Life Design®, il disegno consapevole della propria vita professionale, sociale e personale, Daniel è autore di diversi libri e promotore di progetti nazionali dedicati alla consapevolezza, alla gentilezza e alla promozione di valori condivisi.

Daniel è un costruttore di pace ed è da questo punto che siamo voluti partire, in un viaggio tra impegno quotidiano, scienza, giovani e saper essere. Da leggere e rileggere…

Lei è diventato un punto di riferimento importante per tante persone. In questo momento così difficile, di sofferenza condivisa, cosa si sente di suggerire per continuare ad alimentare la “pace”, la “gentilezza” e la “compassione”? E cosa dovremmo fare per coltivare la “pace” quando invece le guerre armate sono lontane ma magari ci ritroviamo a combattere battaglie interne ed esterne nella nostra vita quotidiana?

Daniel Lumera 7

La “pace” ha tante dimensioni.

Nella nostra vita va coltivata, innanzitutto, nell’intimità del proprio sentire. Pace nella mente, pace rispetto alle proprie emozioni e ai propri impulsi distruttivi, alle ansie, alle paure, ai desideri di vendetta, alle frustrazioni. Pace, quindi, nell’ambiente interno: dobbiamo imparare ad ascoltare il nostro mondo interiore e a trasformare ciò che lo abita.

Poi la “pace” trova sicuramente una seconda dimensione nel fare; in questo modo può essere trasformata in scelte, decisioni, progetti, azioni, ossia in comportamenti che hanno il seme della pace. E contengono non solo un’intenzionalità profonda di pace, ma si originano proprio da uno stato di coscienza di pace interiore.

La dimensione della “pace” si coltiva, poi, anche attraverso l’avere e, quindi, il “dare in pace”, senza che in quel dare ci sia una richiesta di ricevere, un’aspettativa o una pretesa. Ciascuno deve partire da una condizione di integrità e non da possesso, accumulo o cupidigia.

A seguire, c’è la dimensione relazionale della “pace”, ossia come tradurre la pace in una relazione felice e nella gestione del conflitto, che è il pane quotidiano di tutti gli esseri umani. Qui non si tratta di evitare il conflitto, ma di imparare a gestirlo per trasformarlo in un’occasione di crescita, anche perché il conflitto fa semplicemente parte della natura esperienziale della vita.

Un’altra dimensione della “pace” è la pace con il proprio passato. Far pace con i propri traumi e le ferite emotive, tornando in una condizione di integrità e libertà, senza più essere condizionati da ciò che è stato.

Da qui si arriva, infine, all’ultima dimensione: la pace esistenziale. Essere coerenti e profondamente vicini alla propria vocazione, ai propri talenti, al significato e al proposito della propria vita, anche questa è una dimensione che porta pace dentro di noi. 

Noi, in genere, tendiamo a ragionare in termini duali; quindi, per ottenere la pace dobbiamo fare la guerra, così come per ottenere il silenzio dobbiamo urlare, oppure per costruire dobbiamo distruggere. È, invece, necessario, oggi più che mai, superare questa dicotomia; mai come in tempo di guerra si ha bisogno di coltivare la pace costantemente. Per farlo proviamo a impegnarci a declinare la pace in tutte le dimensioni che ho elencato, partendo innanzitutto dall’intimità del nostro sentire. Per questo sto tenendo, proprio in questi giorni, un ciclo di incontri di meditazione sulla pace, affinché dentro di noi si crei l’ambiente corretto per una vera pace interiore.  Come possiamo avere la pretesa di ripulire il mondo se è sporco il nostro ambiente interiore? La causa della situazione di guerra a cui siamo arrivati in questo preciso momento storico deriva, infatti, dalla responsabilità di ognuno di noi, che individualmente ha creato una condizione di odio e l’ha alimentata, giorno dopo giorno, e fatta confluire nell’odio degli altri, come un mare alimentato dai fiumi, arrivando a far scoppiare il conflitto. Per cambiare la situazione internazionale è quindi necessaria una rivoluzione di coscienze, bandendo tutte le reattività per tornare in una condizione di discernimento, di consapevolezza e di presenza. Il che non vuol dire non reagire, ma significa agire attraverso chiarezza interiore e una piena consapevolezza di sé.

Il Movimento Italia gentile, nato nel 2020 durante la pandemia e di cui abbiamo parlato sulla rivista, si propone di partire da solide basi scientifiche, oltre che da concetti sociali ed esistenziali, per diffondere i valori della “gentilezza”. Può spiegarci meglio in che modo la scienza ci viene in soccorso in tal senso?

La scienza ha dimostrato che la gentilezza ha un impatto sui nostri geni e sui biomarcatori della longevità. Le persone gentili presentano, infatti, i telomeri – che sono i cappucci dei nostri cromosomi – meglio conservati e più lunghi, rispetto alle persone che non lo sono. Questo vuol dire, innanzitutto, che la gentilezza è una medicina naturale, che impatta significativamente su longevità e salute. Ed è solo l’aspetto intra-personale della gentilezza, l’aspetto interiore, a cui si aggiunge l’aspetto interpersonale delle relazioni. Sappiamo che tutte le abilità sociali, quali la cooperazione, la gentilezza, l’empatia, la compassione, il volontariato e tutto ciò che ci porta a prenderci cura dell’altro è il miglior investimento che possiamo fare sulla nostra salute, ce lo dice la scienza: l’impatto sul tasso di mortalità si riduce di circa il 60% e l’aspettativa di vita aumenta dal 22% al 44%; la gentilezza impatta anche sulla riduzione dello stress, sia a livello genetico che di sistema immunitario.

La gentilezza, poi, ha anche una dimensione sociale, collettiva. In tal senso la scienza afferma che la gentilezza è contagiosa, grazie al cosiddetto ripple effect, l’effetto onda che ci dimostra che non solo ricevere o fare un atto di gentilezza, ma anche semplicemente osservarlo, scatena in noi tutta una serie di reazioni chimiche ormonali interne legate a piacere, benessere e felicità. Quindi la gentilezza è, di fatto, molto importante anche in tutto il processo di trasformazione sociale. 

Infine c’è la dimensione professionale: di recente sono stati registrati i primi dati, da studi condotti in grandi aziende, come ad esempio Google, che dimostrano come la gentilezza abbia un impatto sulla produttività aziendale. Ossia, negli ambienti “gentili” dove c’è più fiducia, più senso di appartenenza, più empatia, più compassione, si produce di più e meglio, e questo è un dato potentissimo.

il sentiero dei 7 valori 236591

Recentemente ha dedicato un’attenzione particolare agli adolescenti, indicando loro un percorso di 7 valori. Si tratta di sette storie di alunni che incontrano una guida che li accompagna nella trasformazione delle loro difficoltà. Come nasce l’idea di questo libro, edito da Terra Nuova edizioni e quali sono questi valori?

L’idea di un percorso in sette valori rivolto agli adolescenti nasce proprio sulla scia del grandissimo cambiamento sociale che stiamo vivendo dopo la pandemia. Gli adolescenti sono stati tra le persone più svantaggiate: in un momento importantissimo quanto delicatissimo per la definizione della propria personalità e dell’identità, si sono ritrovati faccia a faccia principalmente con la solitudine e l’isolamento. Da qui è nata l’idea di dar loro un percorso che permettesse a questa solitudine di trasformarsi in un’occasione di ascolto di vicinanza a se stessi, di realizzazione più profonda di quello che sono la propria vocazione e i propri talenti. Lo scopo e significato della vita di ciascuno, insomma. Valori come “gentilezza”, “perdono”, “resilienza”, “empatia” sono diventati la guida. In questa trasformazione interiore epocale, uno strumento di resilienza è importante per ritornare poi al contatto profondo con il mondo esterno, senza portarsi dietro dei traumi molto profondi. Abbiamo scelto, quindi, di indicare un cammino attraverso sia la narrazione di sette storie sia tanti esercizi pratici perché, come in un manuale, le persone possano essere guidate nell’esperienza diretta di questi valori. Dal nostro punto di vista gli adolescenti sono in quella fascia di età dove l’educazione è orientata principalmente al “saper fare” e al “saper avere”; i ragazzi, infatti, nell’adolescenza iniziano a comprendere l’importanza anche del “saper apparire” come strumento di successo personale e professionale. Tuttavia è il “saper essere” l’aspetto dell’educazione che ci permette di comprendere realmente il nostro mondo interiore e di gestire sia l’aspetto emozionale che l’aspetto mentale di idee e impressioni, oltre i pregiudizi. L’aspetto esistenziale, dunque, relativamente al proprio scopo e alla propria vocazione. Il libro parla esattamente di questo e restituisce all’educazione la dimensione relativa al “saper essere”.

In questi ultimi anni sono cresciute le difficoltà di comunicazione e relazione tra persone sempre più divise in schieramenti contrapposti, spesso offuscate dal dolore e dal disorientamento. Come possiamo trovare una bussola che ci orienti facendoci trasformare le sofferenze e le difficoltà nell’opportunità di costruire un mondo migliore?

Il punto da comprendere, innanzitutto, è che tutto il processo comunicativo a cui noi assistiamo a livello mediatico e in ambito educativo è basato, che lo vogliamo ammettere o no, sulla contrapposizione. Abbiamo necessità di consenso per creare senso di appartenenza, di identificare un nemico, un colpevole di qualcosa da escludere e da combattere. E questo è il modello che vediamo anche nel mondo politico, questi sono i leader. E così anche sui social. Sono molto rare le comunicazioni che si basano su inclusione, empatia, gentilezza, presenza, cura, compassione e ascolto. 

Ciò che noi proponiamo è quindi un’educazione alla consapevolezza che superi il modello competitivo, patriarcale, che giustifica la violenza come motore di autoaffermazione, un modello individualista, per un modello evolutivo non più antropocentrico ma biocentrico, basato su interconnessione e interdipendenza, sulla cooperazione, sul volontariato. Questi sono i motori che devono guidare il processo educativo, dal mio punto di vista. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo fondato un’accademia online, la My Life Design Academy, attraverso la quale abbiamo erogato tantissime esperienze, anche gratuite, e grazie all’operato dell’Associazione di volontariato My Life Design Onlus e del Movimento Italia Gentile abbiamo portato questi modelli nelle carceri, nelle scuole, negli ospedali, basti pensare all’inaugurazione all’Ospedale pediatrico Meyer del primo Master sulla gentilezza nella relazione di cura, dedicato alle professioni medico-sanitarie. Stiamo svolgendo un’azione sociale molto importante, dimostrando che è, appunto, possibile smettere di ragionare in termini duali e conflittuali, e iniziare a ragionare in termini inclusivi, e come questi termini portino al successo nella nostra vita. Questo è il nostro lavoro e la nostra missione.

Foto del 14 02 22 alle 18.07 2 e1646391479453
Roberta Busatto
Direttrice responsabile
Dizionario del Benessere
Insegnamenti di Consapevolezza - Roberta Busatto
Peace
MIndful Friend

RubricheVedi tutte »

I am in love with Mother Earth
Canali Aperti

Ultime News

Link

 
“Ogni respiro, ogni passo può essere riempito di pace, gioia e serenità. Basta semplicemente essere svegli, essere vivi nel momento presente”.
 
Thich Nhat Hanh