Le Stories sostenibili di Stefano Giordano

L'intervista di Angela Iantosca per Vivere Naturale
27 Giugno 2022
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Quando un abito smette di essere solo un oggetto che riveste un corpo e diventa un essere vivente che porta con sé la storia di chi lo ha prodotto, il cammino che ha compiuto, i luoghi in cui ha respirato, nasce quella che tutti conosciamo come sostenibilità. Che sta ad indicare la “condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.  

Ed è ciò che è accaduto a Stefano Giordano, l’AD e co-fondatore di Stories Milano che, qualche anno fa, ha cambiato il suo sguardo sul mondo e sulla moda decidendo di fare scelte etiche capaci di dar voce a chi voce non ha, di rivendicare i diritti di chi non ha alcun diritto.

“Il mio approccio è cambiato quattro-cinque anni fa. Nelle prime due collezioni non avevo posto attenzione a questo tema. Poi ho compreso quanto fosse importante comunicare, attraverso la moda, dei messaggi concreti. Studiando e addentrandomi sempre più in questo mondo, infatti, mi sono reso conto di quanto sia una delle principali fonti di inquinamento del nostro pianeta. Non solo: come spesso è capitato di sentire, è uno dei settori nei quali è molto diffuso il caporalato, cioè lo sfruttamento dei lavoratori ai quali non viene riconosciuto alcun diritto oltre che una paga giusta. Senza pensare poi alla scarsa sicurezza che spesso troviamo in questi luoghi di lavoro in cui le persone sono trattate alla stregua degli schiavi. Ecco, tutto questo mi ha dato una forte spinta e mi ha fatto decidere di impormi delle regole, creando un manifesto vero e proprio che si trova anche sul mio sito e che spero possa essere di ispirazione per altri”. 

Un manifesto fatto di sei punti.

“1) Creiamo prodotti con un design riconoscibile; 2) sono 100% made in Italy; 3) sono di alta qualità e performanti; 4) usiamo solo filati e tessuti naturali; 5) diciamo sempre la verità sul processo di produzione; 6) facciamo goal con un consumo e una produzione responsabile. Insomma abbiamo dato vita ad un brand sostenibile e fashion”.

La scelta etica condiziona lo stile?

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“Assolutamente no! È vero che nell’immaginario collettivo si tende ad associare la sostenibilità ad una moda brutta, flower power o povera. In realtà non è così e non lo è per noi. Pensa che nel 2021 sono stato invitato al Pitti Uomo (Una tra le fiere di punta dedicate alla moda maschile in programma ogni anno a Firenze in gennaio e in giugno – ndr) tramite Giorgia Cantarini, una scouting di L’Officiel: lei doveva selezionare un gruppo di designer provenienti da tutto il mondo e che avessero una matrice etica e sostenibile per inserirli nel gruppo Sustainable Style. Chi ha scelto? Anche noi, spiegandoci che non ci aveva selezionati solo per la nostra scelta etica, che per lei era un dato di fatto, ma perché accanto all’etica abbiamo uno stile!”. 

Sino ad ora hai curato solo una linea maschile. Ma al Fuorisalone andato in scena a Milano dal 6 al 12 giugno, hai presentato un modello femminile: si tratta di un annuncio di una prossima linea donna?

“È un annuncio di una linea femminile che ancora non è stata sviluppata. Sino ad ora, tuttavia, ho dato vita a due abiti per un’artista newyorkese e per la sua nuova scultura. Lei è una che realizza  videosculture: usa la tecnologia, ma vuole far passare messaggi etici e di salvaguardia dell’ambiente, per questo è nata questa collaborazione. Il suo nuovo lavoro si intitola il Plancton Manifestum con il quale girerà per il mondo. Inoltre ho realizzato per una cliente, che ha una boutique in un hotel in Spagna, una capsulle collection unisex: si tratta di una linea di kaftani”.

La qualità ha un costo più elevato, ma in che termini ripaga?

“Sicuramente ha un costo maggiore dovuto alla scelta delle materie prime e dei lavoratori che sono artigiani italiani. Non parliamo né di industria né di prodotti fabbricati all’estero e tutto questo inevitabilmente ha un prezzo più alto che, per chi compra, rappresenta anche una tutela rispetto alla provenienza e alla storia di quel capo. Io dico sempre che un vestito che paghiamo di più, ma che è sostenibile, dura più tempo rispetto ad un capo dozzinale che si acquista ad un prezzo stracciato. Ma quale è il reale costo che c’è dietro se pensiamo in termini di inquinamento e di violazione dei diritti umani?”. 

Quale è il tuo stile?

“Direi che è eccentrico… ma la mia eccentricità, se tenuta a bada, diventa eleganza silenziosa. Io cerco di andare al di là della moda, anzi non la seguo proprio. Faccio ciò che rientra all’interno di canoni estetici miei. Che sono rigorosi e che hanno una verticalità”. 

Quale è la tua ispirazione? 

“L’Art déco. Mi piace molto: nasce in Francia e poi arriva in Italia. Siamo alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento, un periodo in cui ci sono i più grandi designer del mondo. Se pensiamo ad alcune sedie o ad alcuni mobili o alla moda di quegli anni, tutto era design, in tutti i settori: c’erano geometrie e rigore, cose che a me piacciono particolarmente. Così anche i kaftani, benché non c’entrino nulla con l’Art déco, hanno i pattern molto geometrici”. 

Tra le ultime tue prestigiose collaborazioni quella con un ristorante stellato. 

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“Sono molto felice di aver disegnato le nuove divise per le brigata di sala e di cucina del ristorante * Stella Michelin, Guido da Costigliole, di proprietà di Monica Magnini, Andrea Alciati e Luca Zecchin, che si trova all’interno del lussuoso hotel 5 stelle immerso nelle Langhe, il Relais San Maurizio, un antico monastero circondato dai vigneti. Creare un piatto ha molte similitudini con la realizzazione di un abito: li accomuna la ricerca della qualità e della filiera corta nella produzione, oltre che la dinamica del processo creativo, tipico di uno chef e di un designer. Come tessuto abbiamo scelto la lana Merino neozelandese certificata ZQ, che garantisce la non-pratica del mulesing sull’animale, ossia una dolorosa asportazione di pelle che evita le infestazioni da parassiti ma è anche causa di un peggioramento della qualità finale del prodotto. Acquistiamo i tessuti dal lanificio Reda Active, sinonimo di qualità dal 1865, che ha tradotto l’approccio etico in un codice che va dal rispetto per gli animali trattati, al rapporto empatico con le persone. Reda Active auspica un futuro in cui ci siano molte più società che scelgono i loro prodotti etici piuttosto che i tessuti classici, che ad oggi rappresentano ancora una grande fetta di mercato. Per questo Reda Active ha bisogno di portavoce come Stories Milano, che contribuiscano ad aumentare la sensibilità delle persone e dei clienti”.

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Angela Iantosca
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