Mancano banche dati, le norme sono ancora troppo blande, gli hot-spots di illeciti contro natura e ambiente sono sempre più numerosi sulla terraferma come nel mare. Siamo crocevia per un traffico illegale, interno e internazionale, di specie vegetali, animali e parti di essi spesso portato alla luce dalle operazioni condotte dalle autorità in porti e aeroporti. Ma solo il 27% dei procedimenti che riesce ad arrivare a processo arriva a sentenza definitiva di condanna. Con la riforma del processo penale questo numero rischia di diventare ancora più basso.
Oggetto di questi crimini sono: uccelli della nostra fauna (caccia e bracconaggio, catture di animali vivi, prelievo di uova o pulli di uccelli a rischio di estinzione da destinare a mercati illeciti che fruttano ingenti guadagni ai trafficanti); specie che versano in un grave stato di conservazione come rettili o anfibi, sia autoctoni, sia esotici; pesci d’acqua dolce o specie marine come coralli, ricci, squali, datteri di mare. Frequente è inoltre l’importazione di animali esotici o di loro parti come l’avorio, le corna di rinoceronte, la pelle di tigre o di leopardo.
I crimini contro la natura sono la quarta attività criminale più redditizia al mondo: preceduti esclusivamente dal traffico di droga, dalla contraffazione e dal contrabbando di armi, generano entrate per 280 miliardi di dollari l’anno e costituiscono un settore della criminalità in crescita.
Per discutere delle principali problematiche che riguardano la tutela della biodiversità e il contrasto ai crimini di natura il WWF ha avviato un workshop di 3 giorni coinvolgendo i principali attori, dalla Magistratura alle Forze di Polizia. Il primo appuntamento si è tenuto il 12 aprile presso l’Aula Magna della Suprema Corte di Cassazione, era presente anche il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin.
Prossimi appuntamenti, a carattere formativo, il 13 e 14 aprile presso la sede della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Gli incontri si integrano nel progetto, finanziato dalla Commissione europea, LIFE SWiPE (Successful Wildlife Crime Prosecution in Europe) di cui il WWF Italia è partner.
“C’è una diffusa sottovalutazione del fenomeno dei crimini contro la natura, che vanno derubricati da episodi isolati o locali: – ha detto Luciano Di Tizio, Presidente WWF Italia – bracconaggio e traffico di specie protette sono fenomeni criminali che hanno impatti gravi sulla biodiversità. possono essere veicolo di diffusione di patologie e producono ingenti redditi. WWF chiede banche dati efficienti e interconnesse, di potenziare il controllo sul territorio, indebolito negli ultimi anni con la dismissione delle polizie provinciali, e attività di formazione e sensibilizzazione, sia per il grande pubblico che per le forze di Polizia e magistratura”.
Il sistema di repressione di questi illeciti purtroppo ha delle falle: secondo un report del WWF tra il 41 e il 46% degli illeciti vengono archiviati prima del dibattimento, e fra il 38-50% vanno in prescrizione. Solo il 27% degli illeciti di natura arriva a condanna. Non esiste poi una banca dati centralizzata sui crimini di natura, non c’è un tracciamento del fenomeno che provoca ogni anno una grave riduzione del capitale naturale del nostro Paese, nonostante l’Italia sia dotata di un Piano di azione Nazionale “Antibracconaggio”, adottato per dare risposta alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea. Queste gravi carenze compromettono la capacità di adottare idonee misure di prevenzione e pianificazione e si aggiungono ad un sistema di vigilanza assolutamente inadeguato e un regime sanzionatorio insufficiente a contrastare le illegalità. Chi uccide una specie protetta come un orso, un lupo o un’aquila oggi ha la possibilità di cancellare dalla fedina penale il proprio crimine attraverso il pagamento di una cifra irrisoria (circa 1.000 euro) e, più in generale, chi uccide, pone in commercio, detiene illegalmente animali selvatici, rischia sanzioni bassissime.
Il problema dei controlli. Due terzi degli agenti deputati alla vigilanza su questi crimini sono volontari. Il personale appartenente alle forze di polizia è troppo ridotto e non equamente ripartito nel territorio nazionale. Per questo l’azione di vigilanza delle Guardie volontarie WWF è essenziale per supportare lo Stato nel contrasto alle illegalità. Solo nei 5 mesi della stagione venatoria 2021-22 le Guardie WWF della Campania hanno tratto in salvo 120 animali, trasmesso alle autorità 97 violazioni penali, effettuato 77 sequestri ed elevate 25 violazioni amministrative, per un totale di 172 segnalazioni alle autorità. Un bilancio dei soli archetti (micidiali trappole che spezzano le zampe ai piccoli uccelli) raccolti, sequestrati o distrutti nelle Valli bresciane dai volontari WWF e delle altre associazioni impegnate nei campi antibracconaggio, è di oltre 200.000 pezzi.
Dal 22 aprile a fine maggio partirà anche una lunga maratona #STOPCRIMINIDINATURA del WWF per informare e sensibilizzare il pubblico sui crimini di natura e che impegnerà tutti i canali social dell’associazione, con storie, approfondimenti e gli Ecotips per agire in prima persona nella lotta ai crimini di natura.
IL REPORT WWF SVELA L’ESCALATION DI ILLECITI
L’Italia è un crocevia fondamentale del traffico di specie protette e, in generale, dei crimini contro la fauna selvatica. Le sanzioni comminate dai Carabinieri CITES per violazioni della normativa che disciplina il commercio di specie protette, ammontavano nel 2018 a oltre 5 milioni e mezzo di Euro (oltre un milione nel 2020). In termini di illeciti contro la fauna selvatica, tra il 2016 e il 2019 la Regione in cui sono stati denunciati più illeciti è la Lombardia con 5.256 denunce, seguita dal Veneto con 2.526 e dalla Toscana, con 2.247 denunce. Un report del WWF ha analizzato il grave fenomeno del Wildlife crime e gli intrecci con il traffico illegale internazionale di specie protette e l’aspetto più inquietante è proprio l’inadeguatezza delle misure di contrasto.
LA MAPPA DEL BRACCONAGGIO
Dal nord al sud del nostro paese non c’è regione che non sia esente dai crimini di natura: i bracconieri puntano su passeriformi, aquile e falchi, ungulati, anatidi, uccelli limicoli, ghiri, anguille, lupi, orsi. In mare si si fa incetta di ricci di mare, datteri, pesce spada sotto taglia, squali, oloturie, coralli, bianchetti e tartarughe marine. Non si risparmiano nemmeno le specie vegetali protette, come le radici della genziana lutea, ricercata per farne liquori. Vista con gli occhi degli animali protetti la mappa disegnata dal WWF è un vero e proprio campo minato dove il monitoraggio delle Forze dell’ordine e delle Guardie volontarie sono inadeguati. Nel caso della sorveglianza sull’attività venatoria, ad esempio, la sproporzione tra numero di cacciatori e addetti ai controlli è enorme: appena 2 controllori ogni 100 cacciatori, considerando anche che le Guardie volontarie ‘registrate’ appartengono principalmente alle stesse associazioni venatorie. Sono molto spesso le “tradizioni” alimentari ad alimentare il bracconaggio o il commercio illegale, basti pensare alla polenta e osei (Veneto, Lombardia). Per gli illeciti in mare, i dati forniti dalle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera relativi alla pesca illegale emerge, ad esempio, che a fronte di un numero di ispezioni che negli ultimi anni si è aggirato tra le 110 e le 140 mila, sono state elevate sanzioni da 7 a oltre 12 milioni di euro con un “picco” di oltre 760 tonnellate di prodotto ittico sequestrato nel 2016. Tra le specie particolarmente oggetto di illeciti vi sono l’anguilla, le oloturie, i datteri di mare e alcune specie di squali.
I Centri di recupero. Dati allarmanti arrivano anche dai CRAS – i centri di recupero fauna selvatica gestiti dal WWF: solo in Lombardia gli “ospedali degli animali” di Valpredina e Vanzago hanno accolto e curato nel 2021 circa 7.500 animali bisognosi di cure. Al CRAS di Valpredina 6 ammissioni su 10 ogni anno, in media, sono riconducibili a reati contro la fauna selvatica. Oltre il 50% della fauna consegnata al centro bergamasco riguarda specie sottoposte a protezione, di cui circa il 36% sono particolarmente protette: al primo posto i rapaci.
LE SOLUZIONI
Tra le proposte che verranno discusse nel corso del workshop, il WWF punterà sulla necessità di raccogliere dati per garantire un rapido interscambio tra tutti i soggetti pubblici, favorire una migliore vigilanza sul territorio con sanzioni penali e amministrative efficaci e deterrenti e utilizzare strumenti investigativi come intercettazioni telefoniche, fototrappole, etc. Fondamentale mantenere una formazione e sensibilizzazione di vari comparti della società, con un flusso di informazioni tecniche anche verso magistrati e Forze di Polizia.
Un esempio virtuoso, nato proprio per sopperire a queste carenze è rappresentato dal progetto europeo SWiPE, attraverso il quale il WWF lavora in Italia da oltre due anni per favorire il contrasto ai crimini contro la fauna selvatica, promuovendo e rafforzando il coordinamento con tutti i soggetti interessati.