Esiste una Calabria nascosta. Quella di cui difficilmente si parla. È quella della natura mozzafiato, degli angoli sconosciuti, del mare cristallino e della costa viola, ma anche dell’impervio Aspromonte e del sorprendente Pollino con i suoi laghi che arrivano all’improvviso e l’odore del mare che ti raggiunge ovunque. Ma è anche quella di chi torna e crea progetti nuovi, sostenibili, basati sul rispetto dell’ambiente e dell’uomo. Come ci racconta Francesco Biacca, uno dei fondatori di Evermind e del Festival dell’Ospitalità.
“Che cosa è Evermind? Una realtà che nasce 10 anni fa con uno spirito ribelle. Siamo partiti da un concetto semplice e potente: la più grande ricchezza che abbiamo è il tempo. Partendo da questo assunto, abbiamo immaginato un’azienda che mettesse al centro le persone e fosse caratterizzata da un modello organizzativo che lascia i professionisti liberi di gestire il proprio tempo lavorativo, in una logica orientata al raggiungimento degli obiettivi, cosa di cui si parla quando ci si riferisce allo smartworking, che ormai abbiamo conosciuto tutti a causa della pandemia, anche se in modo improprio. Perché smartworking non indica solo il lavorare da casa, ma è un concetto che implica un mondo sostenibile”.
Come dimostrano i 22 professionisti che fanno parte dell’azienda.
“L’azienda oggi è composta da 22 professionisti ognuno dei quali ha scelto un luogo diverso in cui vivere e lavorare. Non ci sono molte regole se non quella dell’80/20. Cosa significa? Che l’80% del fatturato lo distribuiamo tra i professionisti e la restante parte la investiamo: una quota parte su percorsi di sviluppo personale e professionale dei professionisti, un’altra per l’organizzazione del Festival dell’Ospitalità. Quindi Evermind è un eco-sistema composto di varie anime. Una di queste anime è il festival, un’altra è tutto ciò che ruota intorno ai progetti di destinazione ospitale e destinazione Nicotera, il luogo in cui io sono tornato a vivere. Un’altra anima è Numola, un Ente che abbiamo creato insieme a Seedble con l’obiettivo di certificare competenze e abilità sui nuovi modi di lavorare. Quando si parla di lavoro da remoto, infatti, la criticità sta nel fatto che da un lato ci sono aziende che dicono di operare lavorando da remoto, ma poi magari non hanno la struttura per farlo, dall’altro ci sono i professionisti che dicono di dover lavorare da remoto, ma poi non hanno la giusta disciplina e l’approccio giusto. Affinché si crei un match virtuoso, abbiamo creato questo ente certificatore”.
Come si tutela il tempo di un lavoratore che lavora a casa?
“Il problema della tutela nasce quando il modello rappresentativo è piramidale, quello classico delle aziende. Nel nostro caso il concetto di ‘controllo’ è delegato verso il basso ed è delegato su professionisti che devono essere responsabili affinché tutto funzioni. È una problematica quindi che non ci tocca. La superiamo perché quando diciamo che lavoriamo in una logica orientata al raggiungimento degli obiettivi, significa che facciamo riunioni settimanali per definire questi obiettivi e sono gli stessi professionisti che dicono cosa possono o non possono fare”.
Un altro vostro modus operandi originale è proprio quello del ‘reclutamento’.
“Ci siamo inventati un gioco per ‘assumere’. Il classico invio del curriculum con noi non funziona, perché è uno strumento autoreferenziale. Ci interessa di più conoscere, per esempio, i fallimenti del passato di una persona per capire cosa ha appreso da esperienze negative nel mondo lavorativo. Quindi abbiamo importato il colloquio in diverse fasi durante le quali valutiamo l’intelligenza emotiva, le attitudini e il talento e vediamo quanto una persona sia allineata ai valori dell’azienda. È importante vedere quale sia l’impianto valoriale, che per noi è un aspetto centrale. Non solo: durante il gioco capita a volte di notare che la persona in questione abbia attitudini diverse rispetto a quelle per le quali si è presentato. Dopodiché, in una fase successiva, c’è un video emozionale durante il quale il candidato racconta perché vuole entrare in azienda e questo ci fa capire la predisposizione dei professionisti. Alla fine osserviamo le competenze professionali. Noi non cerchiamo professionalità: cerchiamo profili personali. Non cerchiamo il grafico o lo sviluppatore. Cerchiamo persone che siano spinte sulle tematiche legate alla collaborazione, che abbiano una visione precisa che tutto ciò che facciamo ha un impatto sul territorio nel quale si vive. Cerchiamo leader o imprenditori di loro stessi. Tutti valori che sono racchiusi in un manifesto. Tra questi c’è l’etica professionale: secondo noi, da solo puoi andare veloce, ma insieme possiamo andare molto più lontani”.
Settori di vostra competenza?
“Tutto ciò che ruota intorno alla trasformazione digitale, comunicazione, formazione, consulenza, grafica pubblicitaria. Possiamo erogare tutti questi servizi”.
In cosa siete sostenibili?
“Spesso la sostenibilità viene associata solo alla dimensione ambiente. Il tema, invece, è molto ampio. Per noi è economica, perché redistribuiamo il fatturato dell’azienda in un percorso meritocratico che è fondato sul raggiungimento degli obiettivi. È sociale, perché reinvestiamo tempo ed economie in una serie di progettualità che lavorano nei territori per una crescita sostenibile delle comunità. Per esempio se parliamo di lavoro da remoto e nomadismo digitale o turismo, immaginiamo che tutto venga co-progettato con le comunità in modo tale che i viaggiatori che scelgono quel territorio siano dei residenti temporanei di quella comunità quando ci vanno. Poi c’è la sostenibilità ambientale. Per esempio scegliamo fornitori che a loro volta hanno determinate certificazioni: che abbiano certificato che l’energia elettrica che utilizzano è tutta prodotta da fonti rinnovabili o che non sprecano e certificano i materiali che utilizzano per la produzione di ciò che serve. Inoltre essere Bcorp ci consente di non essere autoreferenziali in questo, ma di avere un ente terzo che misura anche l’impatto che abbiamo sulla dimensione sostenibilità”.
Voi siete l’unica azienda B Corp in Calabria. In Italia ce ne sono solo 150 e a livello globale solo 4500. Cosa significa?
“La certificazione B Corp, promossa dall’ente non-profit B Lab, verifica e assicura che un’azienda operi secondo i più alti standard di performance sociale e ambientale. Le aziende B Corp si distinguono sul mercato perché vanno oltre il solo obiettivo del profitto e si impegnano quotidianamente per massimizzare il proprio impatto positivo verso l’ambiente, le persone e le comunità in cui operano. Pensare e organizzare il lavoro secondo i canoni che oggi ci riconoscono come B Corp vuol dire riuscire a fare la differenza sul mercato, rafforzare il brand, aumentando credibilità e fiducia, attrarre e trattenere nuovi talenti, ispirare gli stakeholders, misurare e potenziare le performance aziendali, migliorare i risultati economici con una riduzione dei costi, sentirsi parte di un movimento globale che promuove la condivisione di valori. Questo permette ad ognuno di noi di maturare la consapevolezza che l’approccio al lavoro così concepito produce un impatto positivo su di noi e anche sul benessere delle comunità di appartenenza. Raggiungere questo obiettivo per noi è stato magnifico!”.
Che cosa è il Festival dell’Ospitalità?
“L’idea è stata concepita sette anni fa. Perché uno dei settori nel quale lavoriamo è il turismo. Il festival nasce con la volontà di creare un evento lento, della durata di tre giorni nel quale operatori, professionisti e cittadini abbiano l’opportunità di potersi confrontare e dialogare e ascoltare un modo diverso di vivere di turismo. Qui in Calabria si dice sempre che è una regione che dovrebbe vivere di turismo, ma non si capisce bene cosa vuol dire. Spesso si vedono promosse le classiche mete che si vanno a visitare ad agosto e quello che accade per i residenti è assistere allo ‘stupro’ del territorio, passami la forte espressione. Il Festival dell’Ospitalità, dunque, nasce dalla volontà di co-progettare con le comunità le proprie aspirazioni, organizzando una serie di incontri di comunità a Nicotera, parlando con i cittadini e gli operatori. Ogni anno cerchiamo di individuare una linea da seguire all’interno del macro-tema che scegliamo e vediamo come possiamo tutti interagire. La tre giorni, quindi, si sviluppa anche sulla base degli input dati dalla comunità. Negli ultimi anni abbiamo un po’ variato l’approccio e abbiamo inserito anche una forte componente laboratoriale. Di formazione ce n’è tanta sul mercato, ma quando torni a casa e finisci qualsiasi corso, non sai come mettere in pratica ciò che hai appreso. L’approccio laboratoriale nel festival vuole fare questo: se arrivi formato, ti diamo la metodologia, se non arrivi formato ti formiamo noi. Alla fine avremo N territori che porteranno avanti una metodologia comune per progettare la propria offerta turistica, supervisionata se vogliono dai progettisti del festival, senza invalidare le caratteristiche di ogni territorio. La prossima edizione sarà l’ultimo weekend di settembre, come sempre!”.
“Contribuire alla felicità delle persone e al benessere collettivo” è uno dei vostri obiettivi, presenti anche nello statuto aziendale.
“Trasformarsi in società benefit, quale siamo noi, significa mettere sullo stesso piano lo scopo di lucro e la creazione di valore. Questo significa trovare tra i fondamenti la felicità. Le persone sono al centro e per farlo non possiamo prescindere dal fatto che l’orizzonte temporale di ognuno di noi debba essere la felicità. Per raggiungerla, li lasciamo operare autonomamente, facendo individuare ad ognuno l’equilibrio tra il tempo lavorativo e quello personale. Lo facciamo anche ascoltando costantemente i professionisti che collaborano con noi e facendo periodicamente delle valutazioni sullo stato di felicità delle persone che lavorano con noi!”.