Non è un gioco: il lavoro minorile nella nuova indagine di Save The Children e Fondazione Di Vittorio

Un 14-15enne su cinque (20%) svolge o ha svolto un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita
3 Maggio 2023

E’ stata pubblicata ad aprile la nuova indagine di Save The Children e Fondazione Di Vittorio sul lavoro minorile “Non è un gioco”, del quale riportiamo di seguito alcune parti che mettono in luce quanta poca attenzione venga posta a questo ambito e quanto poco si sappia dei danni che il lavoro precoce può procurare al fisico e alle menti dei giovanissimi lavoratori.

“Il lavoro minorile nega il diritto di bambine, bambini e adolescenti allo studio, al benessere fisico e psicologico e a una crescita sana. I bambini e gli adolescenti che iniziano a lavorare prima dell’età consentita non solo rischiano di subire danni fisici e mentali, ma anche di compromettere i loro percorsi di apprendimento e ridurre notevolmente le opportunità di crescita educativa e sociale, dando così vita ad un circolo vizioso di povertà ed esclusione.

Il lavoro minorile viola il diritto di ciascun minore “di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale” così come sancito dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC, art. 32).

La stessa Convenzione chiama gli Stati ad adottare misure legislative e politiche volte a garantire tale diritto, in particolare stabilendo un’età minima per l’inserimento lavorativo e un’adeguata regolamentazione al fine di prevenire e contrastare ogni forma di sfruttamento.

Ad essa, si aggiunge la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) n. 138 (1973) che stabilisce l’età minima in cui gli adolescenti possono essere legalmente impiegati in attività lavorative, che non deve essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo, né in ogni caso inferiore ai quindici anni4, e la Convenzione ILO n. 182 (1999) che definisce le forme di lavoro particolarmente pericolose che necessitano di azioni di contrasto immediate5. Infine, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite richiama alla necessità di intraprendere azioni ed adottare misure per porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme entro il 2025, secondo quanto stabilito dall’Obiettivo 8.7.

Nonostante la maggior parte dei Paesi del mondo abbia ratificato entrambe le convenzioni e adottato gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030, il fenomeno del lavoro minorile è ancora molto diffuso e non accenna a diminuire.

Secondo i dati raccolti da ILO ed Unicef a livello globale, nel 2020 circa 160 milioni di bambine, bambini e adolescenti tra i 5 e i 17 anni erano costretti a lavorare. Di questi, ben 79 milioni erano occupati in lavori pericolosi, che possono quindi danneggiare la salute e lo sviluppo psicofisico e morale.

In Italia la legge stabilisce la possibilità per gli adolescenti di iniziare a lavorare a 15 anni a condizione di aver assolto l’obbligo scolastico di 10 anni – elemento che sposta quindi l’effettiva possibilità di accesso al mondo del lavoro al compimento del sedicesimo anno di età. La legge definisce poi l’obbligo formativo come il diritto/dovere dei giovani di frequentare attività formative per almeno 12 anni, fino all’età di 18 anni o, comunque, fino al conseguimento di un diploma di Stato o di una qualifica professionale triennale entro i 18 anni di età.

In Italia, la mancanza di una rilevazione sistemica di dati sul fenomeno ha spinto l’Organizzazione, a dieci anni di distanza dalla prima ricerca, a condurre una nuova indagine sul lavoro minorile nel nostro Paese, con l’obiettivo di definirne i contorni, comprenderne le caratteristiche, l’evoluzione nel tempo, le connessioni con la dispersione scolastica. È stata indagata anche la relazione tra lavoro minorile e coinvolgimento nel circuito della giustizia minorile.

Sebbene il fenomeno del lavoro minorile in Italia non manifesti, evidentemente, i contorni drammatici che assume in altre parti del mondo, la ricerca mette in rilievo come il coinvolgimento dei ragazzi e delle ragazze in attività lavorative prima dell’età consentita (16 anni) sia molto diffuso anche nel nostro Paese e come questo, in un numero rilevante di casi, metta fortemente a rischio i percorsi educativi e di crescita degli adolescenti.

Secondo la ricerca condotta da Save the Children e Associazione Bruno Trentin (ora Fondazione Di Vittorio), nel 2013 i minorenni tra i 7 e i 15 anni che avevano sperimentato una forma di lavoro minorile nel Paese erano circa 340.000, quasi il 7% della popolazione di riferimento9. Tra questi, circa 28mila 14-15enni erano stati coinvolti in lavori pericolosi per la salute, l’educazione, il benessere psicofisico, lavorando di notte o in modo continuativo, aumentando quindi il rischio di abbandonare gli studi precocemente.

Sulla base di una seconda ricerca, condotta nel 2014 da Save the Children in collaborazione con il Dipartimento della Giustizia Minorile, il 66% degli adolescenti e giovani adulti coinvolti nei circuiti penali risultava aver svolto attività lavorative prima dei 16 anni e almeno il 10% aveva svolto attività ‘pericolose’ per il loro benessere.

Una ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro stima che ben 2,4 milioni di occupati in età 16-64 anni abbiano iniziato a lavorare prima dei 16 anni, ovvero complessivamente il 10,7% degli occupati nel 2020. Un fenomeno leggermente più diffuso nelle regioni del Nord Italia e con più di 230mila (4,7%) occupati con meno di 35 anni che dichiarano di aver svolto una qualsiasi forma di lavoro retribuita già prima dei 16 anni. Tuttavia, l’attività ispettiva condotta dagli organi preposti riesce a intercettare solo una piccola parte del fenomeno sommerso: nel 2019, erano 243 i casi accertati di occupazione irregolare di minori di età inferiore ai 16 anni e solamente 127 nel 2020, una diminuzione causata dalla pandemia COVID-19.

I minori che lavorano prima dell’età legale consentita rischiano di compromettere i loro percorsi educativi e di crescita, alimentando la dispersione scolastica. Come certifica l’Istat, la quota dei giovani 18-24enni ‘dispersi’, ovvero che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica, nel 2021 era pari al 12,7% del totale, contro una media europea del 9,7%.

Sebbene sul tema servano maggiori approfondimenti di ricerca, il lavoro minorile può anche influenzare la condizione futura di giovani ‘NEET’ – Not in Education, Employment, or Training (Non in istruzione, lavoro o formazione), alimentando la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale. I ragazzi e le ragazze di età compresa tra 15 e 29 anni in questa situazione in Italia sono più di 2 milioni, il 23,1% della popolazione di riferimento, la percentuale più alta in Europa.

Nonostante sia stato previsto l’innalzamento dell’obbligo formativo da 8 a 10 anni a favore di una permanenza più duratura all’interno di percorsi scolastici e a discapito di inserimenti precoci nel mondo lavorativo, il lavoro minorile rimane dunque un tema attuale. Si tratta di un fenomeno ancora in larga parte sommerso e invisibile, che necessita maggiore attenzione.

La crisi economica e l’aumento della povertà – sono 1 milione 382 mila i minori che vivono in povertà, il 14,2% del totale -, inoltre, rischiano di far crescere ancora il numero di minori costretti a lavorare prima dell’età legale consentita, spingendone molti verso le forme di sfruttamento più intense. Al contempo, la mancanza nel nostro Paese di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile nega la possibilità di definirne più precisamente i contorni e di intraprendere azioni efficaci di contrasto.

È per questo motivo che Save the Children in collaborazione con la Fondazione di Vittorio ha deciso, a distanza di 10 anni, di riproporre un’indagine nazionale sul lavoro minorile in Italia. Una ricerca volta a indagare e comprendere le caratteristiche del fenomeno e la sua evoluzione nel tempo, i fattori di rischio e di protezione, ma anche a fornire dati e informazioni preziose al legislatore e alla società civile, al fine di elaborare misure

e interventi efficaci per combattere il lavoro minorile e i fenomeni ad esso connessi, in particolare la dispersione scolastica.

L’indagine

L’indagine quantitativa è stata condotta su un campione probabilistico rappresentativo della popolazione di studenti iscritti al biennio della scuola secondaria di II grado. Tra dicembre 2022 e febbraio 2023 sono stati compilati 2.080 questionari da ragazze e ragazzi di età compresa tra 14 e i 15 anni, in 15 province italiane18 e 72 scuole campione.

I dati

Un 14-15enne su cinque (20%) svolge o ha svolto un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita. Tra questi, più di un minore su dieci ha iniziato a lavorare già all’età di 11 anni o prima. Sulla base di questi dati, si stima che 336 mila minorenni tra 7 e 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro minorile – il 6,8% della popolazione di quell’età.

Tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) ha svolto lavori particolarmente dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico, perché considerati da loro stessi pericolosi oppure perché svolti in orari notturni, o ancora svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico.

Settori lavorativi

I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%). Seguono le attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), le attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Questo ultimo dato non tiene conto dei piccoli lavori domestici svolti nel quadro della condivisione delle responsabilità familiari. Emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%).

Sebbene il 70,1% dei 14-15enni che lavorano o hanno lavorato, lo abbiano fatto in periodi di vacanza o in giorni festivi, il lavoro è intenso da un punto di vista della frequenza: quando lavorano, più della metà dei 14-15enni lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana, circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.

Lavorare e studiare

Il lavoro minorile influisce negativamente sull’apprendimento riducendo il tempo dedicato allo studio, aumentando il rischio di bocciature, limitando la frequenza a scuola e alimentando così, in molti casi, il fenomeno della dispersione e dell’abbandono scolastico. In quasi un caso su due (40,4%) il lavoro incide sulla possibilità di studiare e i 14-15enni che lavorano sono stati bocciati quasi il doppio delle volte rispetto ai loro coetanei che non hanno mai lavorato. Anche le interruzioni temporanee della scuola sono più che doppie nel caso di studenti lavoratori.

Presa in carico

Quasi il 40% dei minori e giovani adulti presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile ha affermato di aver svolto attività lavorative prima dell’età legale consentita. Un ragazzo su dieci ha svolto il primo lavoro sotto gli 11 anni. Tra questi ragazzi, più del 60% ha svolto attività lavorative dannose per il proprio sviluppo e benessere psicofisico.

L’appello

Alla luce di questi dati, che suonano allarmanti dopo un decennio di silenzio e inazione, si rinnova l’appello per l’adozione immediata di misure e interventi efficaci per prevenire e contrastare l’ingresso dei minorenni nel mercato del lavoro prima dell’età legale consentita. È indispensabile un approccio sistemico, che guardi alla scuola e al territorio per un intervento capillare e multidisciplinare, che metta in connessione le istituzioni, le agenzie educative e quelle di protezione dei minori, ed il Terzo Settore, con l’obiettivo di costruire valori condivisi, trovare soluzioni e implementare azioni sinergiche per tutelare i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

In tale direzione, Save the Children chiede che il Parlamento nomini senza ulteriori ritardi la Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza e che questa proceda quanto prima ad avviare un’indagine conoscitiva sul lavoro minorile finalizzata all’adozione di provvedimenti tesi a prevenire e contrastare il fenomeno.

Inoltre, è necessario prevedere un’indagine sistematica e periodica sul lavoro minorile in Italia, le sue forme più gravi e i fattori di rischio a livello territoriale, in capo a ISTAT; assicurare la formazione del personale degli enti preposti all’identificazione e assistenza di minori infrasedicenni esposti al lavoro minorile; promuovere, all’interno dei percorsi di educazione civica a partire dalla scuola secondaria di I grado, la formazione di studenti e studentesse sui diritti e la legislazione che regolano il lavoro in Italia; garantire l’elaborazione, da parte dei Comuni, di un Programma Operativo di prevenzione e di contrasto della dispersione scolastica e del lavoro minorile, attivando un sistema di presa in carico a livello territoriale, dedicato ai minori infrasedicenni che lavorano e al loro nucleo familiare, con un raccordo tra servizi pubblici e del privato sociale; introdurre piani di sostegno individuale per minori in stato di grave povertà – le doti educative – nell’ambito della revisione delle misure di contrasto alla povertà delle famiglie con figli minori, volti a garantire la frequenza scolastica e il supporto educativo.

Per leggere il report https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/non-e-un-gioco

Dizionario del Benessere
Insegnamenti di Consapevolezza - Roberta Busatto
Peace
MIndful Friend

RubricheVedi tutte »

I am in love with Mother Earth
Canali Aperti

Ultime News

Link

 
“Ogni respiro, ogni passo può essere riempito di pace, gioia e serenità. Basta semplicemente essere svegli, essere vivi nel momento presente”.
 
Thich Nhat Hanh